Transumanza, /tran·su·màn·za/ e non “Trans-su-manza” il significato è: “sostantivo femminile, complesso delle migrazioni stagionali del bestiame dai pascoli di pianura a quelli delle regioni montuose e viceversa.
Transumanza per i Cloud Hunters (CLUB ORGANIZZATORE): Quattro giorni di volo-bivacco attraverso il nostro meraviglioso appennino seguendo le rotte tracciate dalle nuvole.
Quattro giorni, anzi 5, a spasso per gli Appennini, lontani dalle comodità, dalla propria “Comfort Zone”, calcando decolli sconfinati, girando termiche pimpanti, schiacciando la speed controvento in discendenze fotoniche perdendo quote incredibili con avanzamenti irrisori. Abbiamo avuto due giorni meteorologicamente buoni, uno un po’ meno e uno buono solo per una passeggiata sul Gran Sasso con una mangiata fotonica di arrosticini al “Ristoro del Mucciante” di Campo Imperatore. Ce le siamo vissute a mille queste giornate, dal momento in cui il belato di una pecora ci svegliava al mattino, passando per le sudanti attese nei recuperi (di quota e di quando bucavamo) fino a quando ci infilavamo i tappi nelle orecchie per dormire esausti e felici in tenda la sera. Dall’alba al tramonto, un solo pensiero: VOLARE, dal tramonto in poi, parlapendio come non ci fosse un domani, spettacolo, al cubo!!!
I “Magnagati”, falange paramunita facente parte del Delta Club Vicenza, coadiuvata da “Jean” un rappresentante del vicino “Montefalcone Parapendio” quest’anno schiera due equipaggi supportati da tre mezzi d’appoggio per il recupero dei bucaioli. Otto volatili e tre autisti si prendono per tempo, il ritrovo del mattino seguente con tutte le altre squadre partecipanti, sarà alle ore 10 di giovedì e per evitarci la levataccia si decide di partire il pomeriggio del mercoledì. Un equipaggio sceglie di prendere vento in faccia l’adriatica, uno si butta nei trafficati cantieri sottovento della Cesena Roma e un altro, camperizzato, parte addirittura il mattino prendendola larga per Firenze. All’Ostello del Volo di Sibillo, gli ultimi del Team Magnagati, arrivano alle 21, giustappunto per mettere a verbale che a questa latitudine il buio arriva mezz’ora prima che da noi, è l’imbrunire inoltrato, montiamo le tende alla luce delle frontali, mentre la coperta buia della notte arriva ricoprendo il Monte Cucco da Est, manciate di minuti e ad impreziosire la volta, arriveranno una grandinata di stelle brillanti. Cala il vento, cantano i grilli, gli ultimi refoli caldi profumano di grano appena mietuto, un attimo di silenzio e pace interrotto improvvisamente da un: «Casso, ma nemo magnare o no?»
FINE DELLA POESIA, SE MAGNA!.
Al tavolo, tra un’amatriciana, una scaloppina al limone e un bicchiere di rosso, fantasticando sul domani, si fa tardi un nonnulla, caffè, amaro umbro, grappetta di Orazio e a nanna. Da domani sarà: TRANSUMANZA ad oltranza!!! Si vabbè ma cos’è sta Transumanza? Intanto, non è una gara, sia chiaro, o meglio, lo era ma poi basta, una gara in cui a vincere non avrebbero dovuto essere i primi, ma i peggiori tre di ogni Team, al peggior volo xc della giornata (chi aveva percorso meno distanza in volo) l’onta della campana da manza in alpeggio, da portare al collo, dall’alba al tramonto del giorno successivo. Finalmente una gara seria, dove soprattutto mi sento che potrei dire la mia, entry level e alla portata di tutti, poi, siccome pareva brutto andare a cercare il reo confesso peggiore ogni sera, ed era troppo impegnativo segnare i chilometri di tutti, l’ultima sera è stato deciso di mangiare, bere e fare festa e basta, chi ha vinto quindi? Non lo sapremo mai!
Menate a parte, gli organizzatori si occupano del minimo indispensabile, ti garantiscono un posto tenda (che ti devi portare tu) in un campeggio “rock” e un pasto caldo la sera, buchi (atterri) in giro? Cavoli tuoi, ogni Team infatti, da regolamento, deve avere il suo autista e il suo mezzo per il recupero. Che richiama al “volo bivacco”, solo tenda e doccia fresca (o era ghiacciata?), ma almeno
la sera, non si mangiano buste liofilizzate ma roba buona.
Gli organizzatori inoltre, cosa importantissima, ti fanno da tutor decidendo in base alle condizioni meteo, quale sarà il decollo del mattino seguente con tanto di briefing per capire un po’ il sito di volo, che posti evitare, che direzione più o meno prendere poi, BASTA!
Giorno Uno! E’ l’alba, mi sono svegliato praticamente ad ogni ora stanotte, in tenda devo averci dormito l’ultima volta 20 anni fa, non ho dormito benissimo, capisco che non devo avere una bella faccia dal fatto che il riconoscimento facciale che sblocca la schermata del mio smartphone mi dice: “Volto non riconosciuto, inserire PIN” vabbè, mica è na gara di bellezza, siamo qui per volare, se stiamo qui a guardare tutto… Dovevamo trovarci con tutti gli altri presso: “Un paese che adesso non ricordo sul Clitunno”, solo che noi Magnagati, arriviamo da Sud, anche se siamo del Nord e per non fare 40 Km in più e contribuire in modo peggiorativo al surriscaldamento climatico, visto che si è deciso di decollare dal Monte Subasio (sopra Assisi), alle 11 ci faremo trovare direttamente in decollo. Appena scendiamo, noi, abituati a decolli in cui se apri 4-5 vele contemporaneamente pensi: «Cavolo bello ampio sto decollo», rimaniamo sbalorditi come la scena di Jurassic park in cui la tipa sul pick-up rimane a bocca aperta quando vede i dinosauri in lontananza al pascolo, ecco, su, sul decollo del Subasio, una mandria di Triceratopi al pascolo, anche finti, male non ci starebbe tra gli infiniti pascoli. Erba verde, qualche sasso qua e là, pendii sinuosi su cielo blu che guardano ogni qualsivoglia punto cardinale, ma la parola d’ordine qui è: VASTITA’ all’ennesima potenza. Pisciatina per marcare il territorio, mangiamo un panino, spariamo cazzate e dalle basi delle nubi, stanche, poggiate sui prati del Subasio, alla spicciolata spuntano tutti gli altri equipaggi, per ultimi, osannati dalla folla, arrivano i Cloud Hunters, Andrea Kappa ed Emanuele Gandola, pensatori e cuori pulsanti della Transumanza, sangue della capitale che gli scorre nelle vene e quell’accento nella parlata che fa subito caciara e simpatia travolgente. Discorso di Brancaleone (Kappa) all’armata (noi, la mandria) ascoltato in religioso silenzio con tanto di traduzione in dialetto bergamasco e ci dirigiamo al decollo Ovest. Ventone, nube, freddo cane, il piumino l’ho lasciato a Vicenza e così mi infilo: maglietta, due lycra, pantaloni lunghi e guscio in Goretex. Briefing: «Non andate a volà sopra Assisi che non se po’, ce sta el CTR, state de qua, annatevela a vedè dall’alto ma non da sopra, tanto poi dovemo annà da st’artra parte, vento in culo, aspettiamo che s’arzino lebbasi che se partiamo in 60 adesso e annamo in cumulo, famo la fine dei pischelli in autoscontro quando parte la macchinetta del fumo. Non fate cazzate, state fori dalle nubi e cercate de non bucare al primo traverso, quando arrivate a Spoleto, ve girate e prima d’arrivà quaddietro state ad ovest, ve infilate in Valtopina che non è il nome della valle ma di un paesino senza atterraggi che sorvolerete e poi gnente, ve tenete a costone fino al Cucco e siete arrivati».
Briefing chiaro semplice e conciso. Nessuna traccia per gli strumenti, nessuna boa, VOLO LIBERO, PURO! Le basi finalmente, tolgono il disturbo e proprio come si erano condensate, si rialzano di qualche centinaio di metri, è ancora prestino comunque, me la prendo comoda, sullo sconfinato decollo ci saranno 20-25 all’ora di vento, non ho mai decollato con un vento del genere, con 25 all’ora di vento in pedemontana veneta si sta al bar che è pur sempre un luogo sicuro e lontano dalla strada e dai sottoventi, mica si vola! Le nuvole lasciano sempre più posto al blu, si vedono numeri circensi in decollo, punto a partire tra una folata e l’altra tra un 15 e un 25 all’ora di vento. Il resto dei magnagati parte disunito, qualcuno ha visto un paio di volte i sorci verdi dopo che la vela lo ha schiaffeggiato selvaggiamente per mancanza di “manina”, qualcun altro è partito con una cravattina che lo ha costretto a fare Top per mancanza di attenzione, qualche altro è riuscito ad inciampare sull’unica macchia di sassi nel raggio di un Km, un altro è partito con una bretella girata di 180° ed ha rifatto Top per sistemarla, c’è chi ha provato a fare il cobra ma non aveva con se il flauto per incantarlo. «Aò ragazzi, già, siamo veneti e quando apriamo bocca ci sentono da un miglio di distanza, cerchiamo almeno di fingerci sgamati in decollo, mica siamo davvero l’armata Brancaleone!» Guardo occhi negli occhi la mia consapevolezza che mi dice: «Alvin, lo sai che hai le stesse capacità di Handling di un fenicottero rosa gonfiabile no? Quante volte ti avevo detto di andare a fare campetto?» Troia, la odio la mia consapevolezza quando mi sbatte così sincera la verità in faccia, piango dentro, penso al corso fatto 4 anni prima e qualcosa mi torna in mente: ricordo che col vento forte bisogna essere gentili, richiamarla piano con le A, perché ci pensa il vento appena si infila tra le bocche a gonfiartela a 6 bar di pressione, sparandoti con essa nella volta celeste se provi a fare l’arrogante troppo presto coi freni, ma soprattutto, il segreto sta tutto qui: trattala come se stessi per intavolare una discussione con tua moglie: imboccala piano piano nel discorso, assecondala soprattutto nei primi momenti, anche se ti sembra che vada dalla parte sbagliata, evita di correggerla bruscamente, valle in contro, fai finta di dargli ragione, lasciale credere che sia lei che comanda, pensa solo a starle centrato, meglio ancora se fai pure un passo o due verso di lei, falle vedere che è importante e che la ascolti, sorridile e appena lei è lì, gagliardetta a ore 11, SBAN! E’ il momento, daje na strigliata come se dovessi dare una martellata al pianeta terra per modificargli l’asse terrestre, GIÙ-SU, rapido sui comandi, come quando le dici: «Eh no amore, te l’avevo detto che oggi non ti portavo al centro commerciale perché dovevo andare a volare con Eddy!» Se le hai preso il tempo giusto, lei rimarrà di sasso, lì, sconvolta, immobile sopra la tua testa, troppo frastornata per risponderti, gli dai un occhiata di ovvietà, un colpetto di freni per farle capire che tieni tu le redini e aggiungi un «E non so per che ora torno». Bon però adesso basta fare il figo eh, è ora di correre, corri cazzo, giù per il pendio, o fuori dalla porta, perché se le lasci il tempo di riorganizzarsi/risponderti, ciao. Una coincidenza astrale più conosciuta con il termine riassuntivo di “culo” fa si che la mia bellissima Flow Fusion, blu cielo, faccia la brava, timing perfetto, decollo perfetto! Le prime termiche le assaggio dubbioso, il ventone mi preoccupa un po’, le basi sono 150, 200 m sopra di noi, dopo cinque minuti a vivacchiare sopra il decollo, un po’ interno, perché qua c’è meno gente, si sale meno ma le termiche mi sembrano più gentili, maestro Tita, via radio, mi invita con poca grazia ad uscire e andare a prendere quelle buone per salire più in fretta. Emanuele nel frattempo, chiama la carica con un: «Annamo regàaaaa» seguito da una poderosa scampanata con campana da manza in alpeggio 20 cm x 20 cm trasportata rigorosamente nella tasca dell’imbrago. Il gruppo parte, sgranandosi da subito, qualcuno non ha ben capito la definizione “Non partite troppo bassi” o non hanno capito bene il “troppo bassi rispetto a chi o a cosa” fatto sta che al primo traverso verso SUD succede come in guerra come i poveri ragazzi della “prima ondata”, na decina di vele giunge prematuramente a terra. Io parto per il traverso guardingo, con buona quota e siccome non ho nessuno che mi corre dietro, penso che girare fino a base cumulo con vista su Foligno già prima di metà valle, sia cosa buona e giusta, inoltre, lo scarroccio mi spinge nella nostra direzione di “corsa” cosa volere di più? Poggio al di là a quota 800, termica ce n’è, mi tiro su e procedo verso Sud a pendio, lasciandomi la bella e arroccata Trevi ad Ovest.
Alla nostra sinistra invece, inizia l’infinita cresta erbosa di Monte Serano, una figata, sullo spigolo a SUD, un po’ fuori, non c’è una termica, c’è una cappa aspirante, due giri e si sale di 100 m, sulla collina a Sud di Campello sul Clitunno mi ritrovo a girare termica con Tita, poco più avanti c’è Carlo, rifacciamo quota in breve, Carlo e Tita che sono di un altro pianeta, vedono cose che io non vedo e non gli credo, puntano la pianura e li vedo planare fino a 500 m, li do per spacciati, io sto più “a monte” anche se più che monti sono colline , col cavolo che esco in pianura, aggancio dell’altro e faccio 1600, non li vedo più, Orazio ha bucato da qualche parte qui sotto ad un soffio da Spoleto che intravedo in lontananza, Renato si prende basso, talmente basso che sente dei muratori che stanno ristrutturando una casa dire «E mo sta ad arrivà el messia dal cielo e lo mettiamo a fare la malta» ma lui con un piede ormai fuori dall’imbrago, marcendo per il sudore perché in valle ci son 20 gradi in più che in decollo, si mette a girare una termica generata da una mentos annegata nella Coca-Cola, 7-8 schiaffoni di quelli buoni ma il salvataggio è compiuto, “massima soddisfazione”, mi dirà in seguito. Io sono alto, vado di speed, il padreterno ha schiacciato un bottone invisibile e le basi sono schizzate a 1800, sono le 15:30 arrivo a Monteluco, dove girando termica faccio 1850, ebbro di ciò che vedono i miei occhi, penso che sono a metà strada del percorso previsto, giro i cordini verso Nord e vedo uno in mezzo alla pianura lontanissimo che lo battezzo con un: «No, non è dei nostri» e altri due altissimi ma lontanissimi da me, verso Nord, «Caspita, quelli si, devono essere proprio dei nostri», devo scegliere che via intraprendere per tornare da dove sono arrivato, ad Est ci sono dei bei cumuli sopra le colline ma mi sembrano un po’ troppo dentro, la pianura non mi ispira, sono alto, penso che andrò a riappoggiarmi ai monti più a Nord e così me ne sto nel mezzo, rifacendo la stessa traiettoria che mi ha portato fino a qua. Ho il vento al traverso, trovo discendenza, è un -2.0 costante, anche a speed l’efficienza non sale sopra 1:5, a 1200 non uscendone, provo a mettere il naso controvento verso Ovest, fuori in pianura, peggio che peggio, c’è discendenza ancora -2,5 dai, “sarò sottovento ad una termica” penso, e via di speed, sempre più giù, troppo tardi, troppo sbagliato tutto, vedo un campo di grano appena tagliato oltre la Flaminia, si sa mai che la statale stacchi termica, sono a speed ed ho la medesima efficienza di una vela da skydive, quanto è ingorda la forza di gravità a volte. Scavalco la statale, a 50 m da terra trovo una bolla, la giro? E’ cattiva come la morte, le concedo un giro, precipito in un suo rotore discendente, sento che non mi vuole bene, mi accorgo di non avere troppa voglia di contrastarla, mi sento già troppo appagato dei 50Km di oggi, e allora: sottovento, base, finale e atterro morbido tra le balle di grano appena mietuto. Alzo lo sguardo verso i monti, incredulo del buco atomico, ma chi diavolo sono quei due lassù in alto sopra le colline??? Carlo e Tita, Magnagati imprendibili, 2 dei soli 5 riusciti a chiudere il giro odierno con 108 e 91 Km in Task-a, atterrando direttamente all’Ostello di Sibillo!!! La sera c’è tempo per una doccia e per portare il Gianpa, il nostro autista, a godersi la Golden Hour dal Cucco. Sono le 19:30 e ci saranno ancora 25-30 Km/h di vento, tanto che per decollare sarà costretto a scendere sotto la valletta del decollo per evitare l’effetto venturi, “goduria pura” mi dirà in seguito, dinamicone da star su all’infinito, liscio come l’olio, poi arriva la fame e annamo a magnà!
Giorno 2 Oggi siamo comodi comodi, l’ostello è a 17 minuti dal decollo del Cucco, chi c’è stato sa, chi non c’è stato gli auguro di decollarci presto. Grande, enorme, meraviglioso, la giornata parte molliccia, prima delle 13:30 andare in volo significa stare la, a girare gli zeri fino a quota decollo, guardando con gli occhiali da sole verso l’orizzonte, si nota bene lo strato di rimescolamento termico che non ne vuole sapere di alzarsi. Rischio un’insolazione, poi qualcosa si muove, il traduttore Romano-Bergamasco del briefing del giorno prima, uscito da mezz’ora, passa planando sul decollo gridando 14 volte di fila a squarciagola: «L’è bunaaaaa! L’e bunaaaaa» è il segnale! Si parte! La vela di Eddy stesa sul decollo da un’ora e mezza sotto il sole cocente si gonfia senza aprirsi a metà come una mela… poi dicono che i raggi UV fanno male al tessuto, io, come sempre, me la prendo comoda e decollo quando i primi sono già a base cumulo, non me ne curo, vado a fare il punto a Nord, planando sulla meravigliosa cresta del Cucco che va verso il Monte Catria girandomi poco prima del Monte Calvario, badando bene a non girarci sopra visto che se l’hanno chiamato così, un motivo ci sarà no? Nel frattempo la giornata matura, le basi salgono a 2000 ed alla radio Kappa ed Emanuele ci intimano di radunarci velocemente sopra il decollo il più alti possibile a filo base, io, essendo partito più tardi, mi attardo e quando loro lasciano il Cucco in direzione Sud, giro termica davanti al decollo con 500 m di quota da recuperare, sarà l’inizio della rincorsa, poco prima di Fossato di Vico li ho quasi raggiunti ma sono sempre quei 200 m più alti di me, così quando becco termica in mezzo al nulla decido di perdere 3 minuti per tirarmi su, nel frattempo Emanuele alla radio, che è due 2 Km avanti ci dice che davanti alle pale eoliche di Cima Mutali si aggancia a 1000 m, meraviglia per le orecchie, via di speed, mi appoggio sotto le pale a 900 m, si capisce perché le han messe lì ste pale, c’è na termodinamica da paura che ti aspira verso di loro e così, riguadagno il terreno perduto per i successivi chilometri fino all’Eremo di Serrasanta dove però mi appoggio 50, 60 m più in basso di Renato, Kappa e Roberta, fatto sta che loro salgono, mentre io, non centro bene la termica i primi 2 giri e me li vedo sparire sopra la testa, perdo il ciclo, loro mi aspettano 500 m più avanti sul Monte Serra Santa, 500 m sopra di me, non lo sappiamo ancora ma saranno attimi preziosi perché la giornata sta via via scadendo, 7-8 minuti e il ciclo riparte, riaggancio, li raggiungo alla stessa quota sopra i collinoni di Nocera Umbra, ci sono altri volatili che girano come cani da tartufo in cerca di ascendenze, sembra sia tutto morto, ci aggrappiamo agli zeri, ci sparpagliamo in cerca di un alito caldo, qualcuno lo trova, altri no e bucano, Kappa dice: «Dobbiamo fare i 1500 per andare ad appoggiarci tranquilli sul Monte Pennino verso Est», Emanuele lo vedo basso in valle, sarà a 500 m e caccia fuori un numerone per salvarsi, facciamo 1400 ed Emanuele parte per il Pennino, io Kappa e Roberta proviamo ad aspettare 10 minuti Renato e Carlo, 400 m sotto di noi ma non riescono a salire.
1500 m, partiamo, Emanuele aggancia probabilmente l’ultima botta buona davanti al Pennino e viene sparato a 2100, abbastanza per proseguire ancora più a Sud Est per sperare di agganciare verso Monte Prefoglio, io Kappa e Roberta faremo 1800 sul Pennino, proviamo a rimanere lì qualche minuto per vedere se il ciclo riparte un po’ più forte ma perdiamo 150 m buoni, Renato nel frattempo si è infilato nella valle sotto di noi e bassissimo aggancia miracolosamente risalendo la termica sempre più scialba che 20 minuti dopo gli farà guadagnare appena appena la cima per scollinare. Con Kappa ci proviamo, partiamo verso Sud est, mentre Roberta dichiara “Sono esausta, vado ad atterrare” proviamo a sorvolare la piana arsa in sottovento col grano tagliato da poco, biscottato dal sole, sembrerebbe un ottimo serbatoio termico, speriamo ci sia qualcosa che inneschi qualche ascendenza ma nulla, arriveremo fino a terra senza sentire più il vario suonare. Emanuele partito dal Pennino 15 minuti prima di noi con più quota, proseguirà eroicamente verso SUD per altri 30 Km girando l’impossibile, rifacendo 2100 ma dovendo gettare la spugna a pochi chilometri dall’obiettivo di oggi: NORCIA. Giornata strana, pochi cumuli, termiche a tratti rigogliose ma con cicli discontinui, basi troppo contenute in quota, ogni Km era sudato. Divertito? Ovvio. Con Kappa scorgiamo un bar come un miraggio nel deserto, siamo atterrati a qualche Km da Colfiorito, accanto all’ex? Scuola di volo libero, aspettando il recupero andiamo a berci una birra sarà la sete ma sembra BUONISSIMISSIMA!
Giorno 3 “Sembrava fosse amore invece era un calesse”
Chi c’era di sicuro converrà con me, il titolo è perfetto! Le premesse erano super, i WG davano basi a 2500 e vento perfetto da Ovest a decollo Italia a Castelluccio, è un po’ come 7 giorni prima della gita di quarta superiore, quando la più gnocca della quarta C ti ferma in corridoio e con gli occhi più arrapanti del mondo ti fa: “Ci sei anche tu in gita a Barcellona la settimana prossima? Mi raccomando” e ti fai un film che Rocco Siffredi spostati che mo arrivo io e ti mostro come si fa e invece niente, ti viene una laringite virale due giorni prima di partire. Non sei mai stato uomo di chiesa, non hai mai bestemmiato, ma sei veneto e quel giorno le impari, TUTTE, cerchi su Google i nomi di tutti i santi per offenderli TUTTI, perché sai che è un “ComBlotto” ed è colpa loro, e così ciao Barcellona, ciao Rocco e rimani a casa triste con lo speed in mano pensando a come poteva evolvere quel “Mi raccomando”. Ma torniamo al volo libero, la piana di Castelluccio di Norcia per chi non l’ha mai vista dal vivo è una roba incredibile, oggi è anche in fiore ed è il paradiso dei selfisti degli instagrammer, degli youtuber ma levatevi tutti regà, noi ci voleremo sopra, #Maquantocazzosiamoprivilegiati?! Posto abbacinante, decollo gagliardissimo come sempre, vien buona presto, briefing al volo, due chiacchiere e foto con Gibba, si quello che cerca i cimeli di guerra col metal detector tra le trincee su DMAX, ci stava anche lui alla Transumanza! Oggi obiettivo easy per i Para (a motore) “Sulmona”, mi fanno rabbrividire alcuni particolari del percorso descritti con dovizia di particolari nel consueto briefing: «Beh lì è un po’ particolare perché ce stanno 10-12 Km senza un cazzo de atterraggi o mejo, qualcosa ce sta ma insomma, cmq se fate dueccinque duessette problemi non ce ne sono, cercamo de partì alti, se ve vedeti inguaiati non fate i fenomeni, nun ce provate fino a 50 m da terra, cercateve na radura, vedete de non annà in pianta, cmq aò, oggi èffacile, famo duettre dueccinque quassopra, puntiamo a sud verso quelle creste, di là di solito porta e dovremo tirarci su facili, nel frattempo se dovrebbe fà n’autostrada de cumuli che ce indicherà la via per il Gran Sasso, cmq dai su forza, damoce na mossa sbrighiamoce, partimo snocciolati se no qua sopra in dinamica famo el mascello, aò, visto che saremo in tanti, oggi le termiche le giramo addestra avete capito tutti? E annamo!»
Sprizziamo dal decollo come popcorn in padella sull’olio bollente, pen pen pen, dinamicona mescolata a termiche spavaldine, si sale che è una meraviglia, “duettrè” fatti, stocazzo che oggi mi piglio indietro, metto le quattro frecce in aria con gente che non ha ben capito il significato de “Le termiche si girano a destra” ma siamo tutti abbastanza sgamati e con un Aò e un e annamoooooo, tutto si sistema, c’è gente che è già a “dueccinque”. Transumanzaaaaa! Parte la mandria in direzione Sud «Ma che oh, cosa succede all’efficienza?» Maremma bona ma mica sto facendo le orecchie, che è sto buco? Do la colpa alla mia traiettoria scelta tra le prime e le seconde colline a Sud del decollo, sarà che stiamo sorvolando in direzione Forca Ventosola a pochi passi dal Rifugio Perugia ancora ammalorato dall’ultimo terremoto ma mi sa che di sto passo, manco al Rifugio arrivo! E infatti, su 59 volatili ne passano solo forse due o tre “Al di là del passo” e così ben prima di inforcare lo skilift che domina la valletta, capisco la malparata e mi butto a full speed, visto che più scendo, più c’è vento forte causa venturi e più sto rischiando di finire nel sottovento della collina che sovrasta la località “inghiottitoio” un caso? Io non credo, fatto sta che di lì a poco ci ritroviamo almeno in 30, a far dinamica in 200 m di costone, provando a girare (rigorosamente verso destra), trovandosi gente davanti che invece gira a sinistra, quindi vabbè, su consiglio di Tita alla radio, me ne torno sopra il decollo a rifare quota, dove effettivamente si sale facile, sui monti leggermente dietro il decollo scorgo Kappa che è la da mezz’ora buona a girare come un avvoltoio intento ad avvistare cadaveri, i nostri? Io non credo! Lo vedo che vola rilassato lassù e secondo me si sta pure fumando na sigaretta o si sta facendo un cruciverba al grido de: «NO VABBE’ SE NON FACCIO ALMENO DUECCINQUE DUESSEI DA QUA NUN ME SCHIODO» e così dopo un’ora di orologio e tre cruciverba, farà ben 2750, partirà in direzione Sud ma il venticello contro je dice ancora “Noccaro, oggi te la devi guadagnà” e così fa retro, si fa pure le due paginette di Sudoku, attende che il vento giri da EST a OVEST e fa TREMILA in compagnia di Federico sopra il Ventosola… (Mo vojo vedè avranno pensato) involandosi verso il Monte Serra prima e sul sempre ambito da tutti Monte Utero, dove rifanno dueccinque, attraversano sopra la disastrata Accumoli e poggiano a Ovest di Poggio Casoli che detta così par na cosa da precisini di poggiare a Poggio, ma lì iniziano a vedere il bosco vicino e sentire grugnire i cinghiali affamati e così, con la forza della disperazione, si mettono a compiere infiniti giri su una termica nata probabilmente solo dalla loro buona volontà, si tirano su di 500 m, si spostano ad est, prendono la termica buona che li riporta a 2500 a fianco del Picco di Seveso, un po’ di pace fino a Cima Lepri, planata fino alle propaggini di Monte Garzano dove rifanno 2800, planata lunga per passare a Nord di Campo Tosto e atterrare a Poggio Cancelli, mentre Federico riesce ad atterrare ancora più a Sud a Colle Paganica MITICI! Io e gli altri Magnagati dopo un oretta di Tour sulla piana in fiore, decidiamo più o meno all’unisono di andare ad atterrare anticipatamente illudendoci di riuscire a raggiungere presto Campo Imperatore per un decollo serale, non primà di aver recuperato Carlo, l’unico dei Magnagati ad essere riuscito ad oltrepassare il passo ed aver combinato qualcosa tra i sottoventi al di là. Raggiungeremo l’agricampeggio per primi, in Gran Sasso c’è troppo vento e così a costume e tuffi a bomba in piscina, seguiranno: doccia, tagliatelle al tartufo, arrosticini, bagnati con vino bianco, rosso, rosè, grappa e poi non ricordo altro.
Il Giorno 4 non è volabile, a 2500 ci sono 25 nodi di vento, la mandria si disperde tra gli appennini, tra chi ritorna a casa e chi vista la vicinanza va a farsi un giro verso il Gran Sasso. 59 volatili si sono divertiti un sacco tra i meravigliosi Appennini, messi insieme da quei formidabili di Andrea ed Emanuele. E’ stata una grande esperienza, da ripetere sicuramente.
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